Anno IX - Numero 10
Non è sufficiente parlare di pace. Bisogna crederci.
Eleanor Roosevelt

martedì 16 maggio 2017

En marche! Ma con chi?

Emmanuel Macron ha vinto le presidenziali in Francia. Per realizzare il suo programma ha ora il problema di trovare una maggioranza nell’Assemblea nazionale. Perché è difficile che il suo neonato partito ottenga la maggioranza alle elezioni di giugno.

di Paolo Balduzzi

Repubblica semi-presidenziale e doppio turno
Domenica 7 maggio, l’elettorato francese ha sancito la vittoria di Emmanuel Macron alle elezioni presidenziali. Aveva guadagnato il diritto al ballottaggio (insieme a Marine Le Pen, 21 per cento) ottenendo il 24 per cento dei voti al primo turno. Al secondo turno, il leader di En marche! ha vinto con il 66 per cento dei consensi. Ma che poteri ha il presidente della repubblica francese? E quali sono i suoi rapporti con il parlamento?

La Francia è una repubblica semipresidenziale: il presidente è sì eletto direttamente dalla popolazione (votazione a due turni), ma non svolge il ruolo di primo ministro. Al contrario, negli Stati Uniti, repubblica presidenziale, esiste solo il “President of the United States” (Potus), che si circonda di “segretari”, cioè i ministri. Mentre in Italia, repubblica parlamentare, il presidente della repubblica è eletto dal parlamento (allargato) e il presidente del consiglio è nominato dal presidente della repubblica, fatta salva la necessità di ottenere anche un voto di fiducia da parte del parlamento.
In Francia, dunque, convivono elementi tipici sia del regime presidenziale (come l’elezione diretta del presidente della repubblica e il suo potere di nomina del governo) sia del regime parlamentare (in particolare, il rapporto fiduciario tra assemblea nazionale e governo).
L’assemblea nazionale è eletta anch’essa con una legge elettorale a doppio turno, utilizzando collegi uninominali. Se al primo turno nessun candidato del collegio raggiunge la maggioranza assoluta, accedono al secondo tutti quelli che superano una soglia minima di voti, fissata al 12,5 per cento degli aventi diritto al voto. Al secondo turno, vince il candidato che ottiene più voti.
Non è scontato che il voto per l’assemblea e il voto per il presidente della repubblica siano coerenti tra di loro. E potenzialmente è proprio questo, oggi, il principale problema politico che l’ottavo presidente della V repubblica francese deve risolvere

I compagni di viaggio di Macron
Emmanuel Macron è stato membro del partito socialista e ministro nel secondo governo Valls; nel 2016 ha fondato il partito En marche!, col quale si è poi presentato alle elezioni presidenziali. Poiché si tratta di un partito nuovo, En marche! non ha mai partecipato alle elezioni per l’Assemblea nazionale, dove oggi è il partito socialista ad avere la maggioranza, in attesa del voto dell’11 giugno per il suo rinnovo. In maniera approssimativa, i rapporti di forza tra i partiti si possono dedurre dalle percentuali di consenso ottenute dai candidati alle presidenziali di aprile e maggio: Emmanuel Macron (24 per cento, En Marche!), Marine Le Pen (21 per cento, Front national), François Fillon (20 per cento, Républicains), Jean-Luc Mélenchon (20 per cento, France insoumise – sinistra), Benoît Hamon (6 per cento, Partito socialista), altri (9 per cento). Con questi numeri, una maggioranza parlamentare risulta davvero difficile da immaginare. Tuttavia, il sistema elettorale per l’assemblea nazionale, essendo di tipo maggioritario, modificherà in parte questi rapporti di forza. È comunque molto probabile che En Marche! non potrà sostenere da solo un governo e quindi saranno necessarie alleanze, prima o dopo le elezioni stesse. Non è neanche da escludere la peggiore delle ipotesi (per Macron): l’assemblea potrebbe alla fine esprimere una maggioranza nemica del presidente. Si tratterebbe di un nuovo caso di “cohabitation” (coabitazione), un’esperienza non frequente ma certamente non inedita nella V repubblica francese. In alcuni casi eclatanti il presidente della repubblica ha dovuto addirittura nominare un presidente del consiglio di un partito diverso dal suo: è accaduto a François Mitterrand (socialista) prima con Jacques Chirac (Rassemblement pour la République) tra il 1986 e il 1988 e poi con Édouard Balladur (Rassemblement pour la République) tra il 1993 e il 1995 e a Jacques Chirac con Lionel Jospin (socialista) tra il 1997 e il 2002. Durante i periodi di coabitazione, è ovvio che il ruolo del presidente sia indebolito. Tuttavia, mantiene i principali poteri sulla difesa, la politica estera, compresa quella europea, e la giustizia; dispone anche di una serie di istituti volti a bloccare o ridimensionare le proposte di legge avanzate in assemblea.
Il cammino nel neo presidente appare per ora tutt’altro che in discesa: la campagna elettorale più importante di Macron, forse, comincia proprio adesso.

Paolo Balduzzi per Lavoce.info