Anno IX - Numero 12
La guerra non è mai un atto isolato.
Carl von Clausewitz

martedì 20 giugno 2017

Passione o interesse?

Sui costi e i benefici delle piattaforme della ‘sharing economy’ si confrontano discorsi retorici contrapposti. Tra il 2015 e il 2016, la Commissione Europea ha condotto un lavoro di ampio respiro per fornire elementi utili a stabilire se e come regolamentare queste piattaforme che operano in una zona grigia tra la legalità e l’illegalità. Un paradosso delle democrazie liberali fondate sull’economia di mercato.

di Cristiano Codagnone


Nel suo blog, l’economista Tymothy Taylor ha scritto che l’utilizzo dell’espressione ‘sharing economy’ per riferirsi a piattaforme commerciali rappresenta il trionfo dell’arte delle pubbliche relazioni. Prendendo ispirazione da Hirschman si può invece vedere la ‘sharing economy’ come il luogo di potenziale incontro tra passioni e interessi, il teatro di contrapposte retoriche.


La Commissione Europea nel 2016 ha pubblicato una sorta di guida per gli Stati Membri su come regolamentare la ‘sharing economy’ (European Commission, A European agenda for the collaborative economy. COM(2016) 356 final 2016), alla cui preparazione ho collaborato, svolgendo attività di ricerca presso il Centro Comune di Ricerca (CCR) della CE (Codagnone et al. The Passions and The Interests: Unpacking The ‘Sharing Economy’JRC Science and Policy Report: 2016; Codagnone et al. The future of work in the ‘sharing economy’: Market Efficiency and Equitable Opportunities or Unfair Precarisation? JRC Science and Policy Report 2016); nelle due monografie disponibili online i lettori troveranno maggiori dettagli e tutte le indicazioni sugli studi su cui si basa questo saggio..

Inizio da un episodio emblematico. Nel febbraio del 2016 Uber, Airbnb e altre 45 piattaforme hanno indirizzato una lettera alla presidenza olandese di turno della UE nella quale chiedevano di essere difesi dagli interventi delle autorità nazionali e locali e che venisse riconosciuto il loro contributo alla crescita sostenibile in Europa. Per rispondere a questa richiesta, il regolatore – come sempre, del resto – dovrebbe disporre di un minimo di base empirica per valutare i benefici e i costi dell’eventuale regolamentazione delle piattaforme della ‘sharing economy’ che permettano in particolare di confrontare la perdita dovuta agli effetti negativi della regolamentazione sull’innovazione con i costi sociali futuri, che finiranno per pesare sul budget pubblico, in mancanza di regolamentazione. Sfortunatamente, però, l’evidenza empirica su questi aspetti è assolutamente non conclusiva. Si tratta, in realtà, di un caso di scuola di situazioni dove i fatti sono incerti, i valori e gli interessi in conflitto, le poste in gioco alte, e, per di più, le decisioni urgenti (Funtowicz & Ravetz, in Ecological economics: The science and management of sustainability a cura di R. Costanza, Columbia University Press.1991).

Cos’è la sharing economy? Espressioni quali ‘sharing economy’, ‘collaborative economy’, ecc., sono usate in modo non sistematico e la mancanza di chiarezza concettuale contribuisce ad aumentare le dispute retoriche. In queste note, la ‘sharing economy’ è definita come ‘un ampio spettro di piattaforme digitali di natura commerciale e non, che permettono transazioni (sia a fini di mero consumo o per attività ‘produttive’) tra diversi attori e secondo diverse modalità aventi come oggetto vari tipi di risorse’.

Continua la lettura su Eticaeconomia