Per fare scelte consapevoli, bisogna riflettere sulle loro potenziali conseguenze
Chi sostiene l'uscita dell'Italia dall'euro lo fa affermando che ne conseguirebbero due vantaggi: la possibilità di svalutare la moneta e dunque rendere le nostre esportazioni più competitive; il sottrarsi alle regole europee sul bilancio pubblico e quindi la possibilità di abbandonare la cosiddetta austerity. Si tratta in entrambi i casi di vantaggi impossibili.
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In base al trattati, un Paese che ha aderito alla moneta unica non può uscirne senza attivare l'art. 50, cioè senza uscire dall'Unione. Questo vorrebbe dire uscire dal mercato unico. Avremmo una nuova lira, o come altro la vorremo chiamare, che immediatamente si svaluterebbe rispetto alle altre monete, euro compreso. Ma le imprese non ne trarrebbero grandi benefici, perché contestualmente perderemmo l'accesso al mercato unico europeo, verso il quale sono dirette gran parte delle nostre esportazioni.
Dall'altro lato non potremmo fare a meno di continuare a comprare all'estero, al di fuori dell'Unione, tutte le materie prime che ci sono essenziali - pensiamo solo a gas e petrolio. La svalutazione farebbe aumentare il costo di queste importazioni non sostituibili. La nostra bilancia conmerciale peggiorerebbe, non migliorerebbe. E i prezzi interni aumenterebbero velocemente, riducendo il potere di acquisto di tutti coloro che vivono del proprio salario.
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