Anno IX - Numero 12
La guerra non è mai un atto isolato.
Carl von Clausewitz

martedì 28 marzo 2017

Crimine in Parlamento

Ancora una volta, la politica ha fatto fuori in un sol colpo le forme della democrazia e la sostanza dello Stato di diritto.

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Lo ha fatto con il voto di fiducia posto al maxiemendamento sostitutivo del disegno di legge di riforma del codice penale. Come ormai è la norma in Italia, del crimine in questione forse non si è accorto neppure chi l'ha messo in atto.

Dal punto di vista delle regole del gioco democratico, approvare una riforma del processo penale attraverso un voto bloccato vuol dire aver forse garantito la vittoria di una partita politica (magari interna allo stesso partito di maggioranza), ma al prezzo di quello che dovrebbe essere il metodo di operare connaturale al Parlamento: la discussione e deliberazione per parti separate, tanto più rilevante e essenziale nella materia penale, che riguarda la nostra libertà personale.
Le recenti critiche nel 2014 della Corte costituzionale, a proposito di un maxiemendamento sostitutivo di un disegno di legge di conversione di un decreto che modificava le pene per spaccio di stupefacenti, non sono tornate alla mente ai legislatori.

Quel che è ancora più grave, nel merito, col voto in blocco i senatori hanno fatto passare, tra le altre cose, la riforma dei tempi di prescrizione, che vengono estesi fino a un totale di tre anni tra primo grado e appello. L’allungamento dei tempi, si dice, risponde a una necessità: ci sono tante inchieste e sono pochi i processi che fanno in tempo ad arrivare a conclusione. Il che è come dire che per combattere il crimine, bisogna depenalizzare i reati.

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